Un libro: A ciascuno il suo mestiere

6 gen 2018

Concorderai, lettore, se sostengo che tentare di riassumere un libro sia un esercizio utile anche a chi quel libro non ha letto: mi piacerebbe che diventasse quasi un'abitudine, dopo aver letto un libro, chiedersi cosa si è imparato. Nasce così la sezione Un libro del blog e, diciamolo, non è male avere una scorciatoia per dire qualcosa di intelligente.

Comedovequando

Bisogna premettere che le feste in famiglia, a casa mia, sono vissute con tutto il πάθος che si deve ai rituali antropologicamente rilevanti; di conseguenza, "pasto insieme" = "discorsi di grande spessore" ("πάσθος"?). Questo Natale è stata la volta di mio zio, che ha passato (sic) a mia sorella e a me due libri. Come si intuirà dal titolo, il mio ha scritto sulla copertina A ciascuno il suo mestiere, preceduto da Sergio Cofferati (l'autore, per deduzione brillante). E, diciamolo, con Gaetano Sateriale: co-autore, ma sempre autore. La presentazione, come piace a noi persone simpatiche, è stata quantomeno enigmatica:

Il libro che mi ha fatto pensare che forse avevo capito

Bisogna altresì premettere che, per quanto creda nella civiltà e nella gestione concorde della società, la politica ha su di me un effetto, diciamo così, scarsamente attrattivo. Eppure, se mio zio, la cui conoscenza e visione politica mega-stimo, mi consiglia un libro, mano sul fuoco che ne vale la pena; quindi inizio.
L'impatto non è dei migliori: date, riferimenti alla vita politica degli anni '90 (il libro è del 1997), sottintesi riguardanti leggi e riforme... non il mio pane quotidiano. Ma è anche questa un'occasione per imparare, quindi stringo i denti sulle parti per me più noiose e arrivo al fondo.

Perchè

Domanda: « Perchè ammorbi noi pazienti lettori con le tue vicende bibliofamiliari? »
Risposta: « Ottima domanda, la cui risposta è per puro caso nelle seguenti righe »
Primo motivo: tra gli scopi del blog c'è quello di ridistribuire conoscenza; uno dei miei leitmotif attuali è l'ambientalismo, in generale la partecipazione per migliorare le cose; segue che una riflessione sulla filosofia del cambiare le cose ha senso. Cofferati, se non altro, ha le idee chiare. Ecco, ma chi è Cofferati? Qui veniamo al secondo motivo, dato che conosco molti giovani che, come me, di storia politica sanno poco. Oserei anche dire che, io per primo, poco si sa di cosa sia un sindacato, a parte quell'impressione che si ha dalla televisione e dai giornali. (Concedetemi una critica en passant: al liceo classico la Storia si studia fino alla Costituzione.)

Dunque, in breve, da Wikipedia:

Il sindacato, nel diritto del lavoro, è un ente che rappresenta le parti in un rapporto di lavoro.
Meno in breve, i sindacati nascono in ambito operaio, in Italia alla fine del diciannovesimo secolo; col tempo, l'evoluzione del mercato del lavoro ha fatto sì che anche altre categorie lavorative venissero rappresentate, compresi i datori di lavoro stessi. I più importanti in Italia (per l'esattezza confederazioni di sindacati): CISL, UIL, CGIL (al suo interno la FIOM).
Di quest'ultima era segretario generale Cofferati all'epoca della scrittura del libro, dopo aver iniziato la carriera sindacale in Pirelli. Sateriale era invece segretario della FIOM. Non andrei oltre su di loro, dato che dal contenuto del libro si capisce più che dalla breve biografia che potrei fare.
Invece, merita tempo un breve riassunto dell'introduzione al libro. Si spiega che il ruolo del sindacato, da semplice e quasi granitico che era agli inizi, negli anni '90 (figurarsi oggi) andava incontro a sostanziali scossoni: infatti oltre all'evoluzione delle categorie rappresentate si poneva la questione della legittimità e dei limiti da attribuire all'intervento politico del sindacato. Inoltre, pensate alla difficoltà di coniugare diritti del lavoratore con la necessità di mantenere competitiva l'azienda e sostenibili i costi di assunzione.
Con queste premesse, ecco cosa vorrei portarmi (e portarvi) a casa.

Un approccio ostinatamente realista

Se vi sembra un ossimoro, siete in compagnia; eppure dal libro traspare, insieme con una forte intenzione morale, anche una decisa rinuncia a tutti gli estremismi autodistruttivi e anacronistici. Della prima caratteristica, penso sia significativo il passo dove parla di fare le cose che si ritengono importanti e tentare di resistere a quelle che si ritengono dannose, ma si intende sempre un'opposizione intelligente e in grado di adattarsi alle situazioni, non essere sempre e comunque fedeli a una particolare collocazione. Il mio riassunto: un conto è restare fedeli alle proprie idee, un altro restare fedeli a uno schieramento.
Continuo con qualche esempio di realismo che lascia da parte la nostalgia:

Penso che la vecchia guerra tra capitale e lavoro possa considerarsi finita
e
Dietro la cultura del conflitto a ogni costo [...] vi è un'idea del lavoro come esperienza sempre subalterna e frustrante
ovvero superare il concetto di lotta di classe, cercando invece mediazioni utili a tutti (amen: ricordo che il Bene e il Male esistono solo nell'Iperuranio). Mi sembra che sia auspicabile uscire dalla propria visione ristretta e capire che i problemi sono sempre del sistema e non di un suo nodo da solo, pertanto è un invito a non pensare solo ai propri interessi (voto comunista perchè sono operaio, voto liberista perchè sono imprenditore).
D'altronde Cofferati nega la possibilità di un organismo che rappresenti tutti gli interessi: dubito che si possa tornare al partito omnibus del passato e la soluzione che prospetta è la mediazione tra più interessi. Alla mediazione poi dedica molti punti e l'ho trovato un discorso molto legato alla filosofia della mediazione stessa: parla di vincere e perdere insieme, di solidarietà sociale. Aggiunge delle note sulle tipologie di trattative che ha affrontato: sottolinea che, pure se il suo atteggiamento di fronte a un interlocutore ostile ha l'obiettivo di sciogliere il conflitto, la tentazione da combattersi è quella di mettersi a propria volta sulla difensiva; in caso di trattazione poco incoraggiante, suggerisce comunque di continuare a spiegare i propri argomenti dato che è sempre più utile che non farlo. E così abbiamo anche le nostre chicche di psicologia della contrattazione.

Idee nuove?

Il libro, signori miei, è di venti anni fa; eppure, cenere sul mio capo se è solo mia ignoranza, i temi mi sembrano attuali, irrisolti e le idee dell'autore sensate e incomprese. Parla di lavoro in senso funzionale, per tutti i ruoli.
Parla di meritocrazia:

l'idea che il lavoro si organizzi di più sulla base di obiettivi espliciti e concreti [...] e che a quel risultato corrisponda un incremento retributivo.
Parla di flessibilità e tuttoggi vedo critiche disorientate e parziali, così come politiche contrattuali problematiche, rispetto al tema del lavoro nei weekend e festivi e di notte; il nostro si dice favorevole, ma di nuovo mediare non vuol dire cedere un passo sui diritti dei lavoratori:
esiste [...] un discrimine fra flessibilità subita e flessibilità gradita, e questo discrimine si chiama possibilità di scelta.

Concludo

Non pretendo che Gabriele che parla di politica abbia senso; però qui secondo me si trovano molti spunti per affacciarsi alle prossime elezioni, ma soprattutto per affrontare le scelte politiche e non-politiche quotidiane, con un atteggiamento serio, disposto all'ascolto e all'amalgama di interessi necessariamente diversi, eppure fermo sulle questioni fondamentali; e anche, per chiedersi quali siano le questioni per sé fondamentali.
Fine. Ancora niente feed o simili, quindi per commenti (graditissimi), incoraggiamenti (un giorno scriverai qualcosa di decente) o insulti (graditi solo se originali) fa' un salto sul mio sito e nel curriculum troverai ogni tipo di contatto desiderato. Grazie se sei arrivato fino qui e complimenti per questa prova di forza d'animo. Saluti!


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